Arthur
Schopenhauer, Critica della filosofia kantiana in Il mondo
come volontà e rappresentazione, vol. II, Bari, Laterza, 1991
Scheda
di lettura
P.
541, riconosce in Kant il suo maestro moderno, insieme agli antichi
scritti induisti e Platone.
P.
544, NB : Hegel definito “goffo ed insulso”.
P.
547, Kant afferma sostanzialmente che le verità dogmatiche sono
frutto della mente umana.
P.
548, mi sembra che qui Schopenhauer forzi un po' il testo di Kant,
perché K. non dice che il comportamento umano sia forzatamente
morale, ma è morale perché segue la legge morale. Invece S. afferma
che il comportamento è determinato assolutamente dalla cosa in sé.
Ibidem,
NB : elogio di Giordano Bruno, paragonato a Platone.
P.
556, attacca con veemenza gli idealisti, la cui filosofia ritiene
senza senso.
P.
559, rimprovera a Kant di non aver a sufficienza distinto la
conoscenza astratta dall'intuitiva.
P.
561, rimprovera a K. incoerenza e forzatura nell'uso dei termini,
adattandoli al suo prefissato schema dimostrativo (senza preoccuparsi
seriamente dell'oggetto della trattazione). In parole povere a Kant
(come agli idealisti) interessa più il sistema che la verità.
P.
564, Schopenhauer non disistima Kant, tanto che definisce la Critica
della ragion pura “l'opera più importante della letteratura
tedesca” !
P.
566, rimprovera a Kant di non aver debitamente separato la conoscenza
intuitiva e l'astratta.
P.
569, Kant commette un grave errore nella mistione della conoscenza
intuitiva con l'astratta. Questo passo falso inficia tutta la sua
teoria della conoscenza.
P.
570, Kant afferma all'inizio che l'intuizione sta a sé, che ci è
data.
P.
571, nel subordinare tutta la natura all'intelletto, K. è
chiaramente padre dell'idealismo, almeno secondo l'interpretazione di
Schopenhauer.
P.
572, Kant non riesce a spiegare l'intuizione del mondo esterno, di
qui il suo sostanziale fallimento.
P.
573, posizione chiaramente antiidealistica di Schopenhauer, mentre
Kant, facendo dipendere la natura dall'intelletto, inizia la
tradizione idealistica.
P.
574, dicendo che Kant nega che l'intuizione sia intellettuale, mi
sembra che S. sia un po' troppo severo e tenda a giocare con le
parole.
Ibidem
: il discepolo è uno specchio d'ingrandimento degli errori del
maestro. Detto valido per ogni epoca.
P.
575, grande errore di Kant fu introdurre un oggetto della
rappresentazione tra la rappresentazione e la cosa in sé, di cui si
sarebbero valse le categorie, ma sia l'uno sia le altre sono
superflue. Di qua l'assoluta inutilità della dottrina delle
categorie, vera e propria acrobazia cerebrale, che oscura la
filosofia di Kant.
P.
580, è evidente che quando K. afferma che degli oggetti si hanno
concetti, sbaglia ed ha invece ragione Schopenhauer dicendo che degli
oggetti abbiamo intuizioni, perché i concetti sono astrazioni.
P.
581, l'amore per l'astrazione condusse Kant all'errore fondamentale
dell'elaborazione del concetto puro.
P.
582, S. fa dell'ironia sull'oscurità della filosofia di Kant nel
cap. “Sullo schematismo dei concetti puri dell'intelletto”.
P.
584, l'invenzione aberrante delle categorie è dovuta all'errore
psicologico di K. dell'elaborazione architettonica, cioè ipotassi, a
tutti i costi. E questo ovviamente non solo nel periodare, ma anche e
soprattutto nella deduzione logica.
P.
586, per S. l'unica vera fonte di conoscenza è la conoscenza
intuitiva, per Kant è quella concettuale.
P.
588, (contro gli idealisti) il mondo intuitivo non corrisponde
affatto alla forma della riflessione, la quale potrebbe adattarsi
così com'è anche a un altro mondo.
Ibidem
: inconsistenza della deduzione delle categorie.
P.
589, dove parla del giudizio generale, speciale e particolare S. non
è molto chiaro.
P.
592, si ha giudizio categorico solo dove viene espressa la causalità.
P.
601, 602, false considerazioni di Kant e di Aristotele sul concetto
di necessario e accidentale. Il necessario assoluto (cioè libero da
cause) è impossibile, l'accidentale se visto come effetto di una
causa non è tale ma necessario. Senza dubbio l'argomentazione di
Schopenhauer è più precisa, meno “tedesca” e più concreta.
P.
606, infondatezza della teoria delle categorie, dovuta alla mania
simmetrica e architettonica di Kant.
P.
607, la tavola delle categorie è una gabbia basata su considerazioni
casuali e arbitrarie, meglio : denominazioni casuali e arbitrarie.
P.
610, la materia è la rappresentazione della causalità ed esiste
solo relativamente all'intelletto, la cui facoltà consiste nel
riconoscimento di causa ed effetto.
P.
611, errore fondamentale di Kant : la mancata distinzione tra
conoscenza astratta e conoscenza intuitiva.
P.
612, grande errore di Kant di avere sottovalutato l'intuizione a
vantaggio del concetto astratto, anzi di averla considerata come un
apporto della sensazione e di avere affermato che contribuisce alla
conoscenza solo il concetto astratto ! Ibidem, invece per S.
nell'intuizione “si obiettiva la cosa in sé”, l'intuizione
è il fondamento della conoscenza.
P.
615, Kant confonde sempre la conoscenza data dall'intuizione con
quella del pensiero e quindi dà luogo a una grande confusione. K.
salta subito al pensiero astratto, senza analizzare il passaggio
dalla sensazione al pensiero, senza definire né sensazione, né
intelletto, né ragione. Fenomeni e noumeni sarebbero intesi da K.,
in senso suo proprio soltanto, come realtà manifesta e cosa in sé
immanifesta, mentre il loro significato originario è quello relativo
alla conoscenza intuitiva e alla conoscenza astratta. E' qui che K.
non indaga, dando per scontata l'esperienza nella conoscenza
intuitiva e non separando quest'ultima dall'astratta.
P.
616, invece di opinabili categorie, non avrebbe fatto meglio K. a
ricorrere alle forme proprie della grammatica, ad es. sostantivi,
aggettivi, verbi ?
P.
623, Schopenhauer non considera la ragione umana una facoltà
principe come fa Kant, tanto che per lui l'incondizionato per la
ragione è un nonsenso. S. attribuisce maggiore importanza
all'intelletto e all'intuizione.
P.
626, Kant nella sua ricerca dell'incondizionato non è stato tanto
guidato dalla ragione quanto dalla religione, egli perviene con
sofismi a dimostrazioni pseudorazionali.
P.
627, 628, le notizie che S. fornisce del fatto che Platone avrebbe
derivato la sua concezione della divinità da Mosé, sono errate.
Platone è un seguace del pitagorismo e dell'orfismo, non aveva
nessuna notizia della religione ebraica.
P.
629, Kant fa un cattivo uso della parola idea, perché la
intende come concetto astratto, mentre il suo vero significato
platonico è “immagine, visione” e la sua comprensione non è
affidata alla riflessione razionale, ma all'intuizione.
P.
630, errore di Kant nell'identificare il quid metafisico nel
soggetto, perché quest'ultimo appartiene alla logica, se
identificato giustamente nella sostanza esso allora in quanto
sostanza permanente è la materia. Equivoco di Kant che ha
identificato soggetto e predicato in sostanza e accidente e ha
confuso concetti astratti propri della logica e del regno della
ragione con oggetti intuiti dall'intelletto in un rapporto diretto
con il mondo fenomenico.
P.
633, contrariamente al procedimento logico della ragione che ricava i
concetti generici dall'assemblaggio di quelli specifici, il concetto
generico di sostanza fu ricavato soltanto da quello specifico di
materia, in quanto un suo accidente, la permanenza, venne preso come
unico significato di sostanza. Si tratta perciò di un'operazione di
falsificazione volta solo a incamerare nel concetto di sostanza di
per sé fasullo il concetto di sostanza immateriale accanto a quello
della materia, di qui il concetto falso di anima intesa come
sostanza.
P.
635, le categorie di Kant sono derivate dalla sua mania della
simmetria, puri sofismi.
P.
639, cita il libro di Giordano Bruno, De l'infinito, universo e
mondi, S. apprezza molto il Nolano.
P.
641, l'ammettere un principio nella serie delle cause, risulta
surrettizio e falso.
P.
644, l'infinito non è esauribile con alcuna rappresentazione, cioè
non si può pensare l'infinito. Per altro il mondo non esiste in sé,
ma solo nella rappresentazione, vale a dire che la totalità non
esiste e l'incondizionato non è conoscibile. NB : il mondo deve
esistere solo nella rappresentazione del soggetto, che può seguire
la serie di cause e di effetti all'infinito nel regresso (ma mai nel
progresso !).
Si
noti che se l'infinito non è conoscibile né si può supporre un
principio dello spazio, allora il Soggetto primo (Dio) deve essere
fuori della serie delle cause. Ciò dà ragione a Platone e alla sua
concezione del Demiurgo, non creatore, ma ordinatore del mondo.
Allora il Soggetto non è neppure infinito e non si identifica con
l'universo, ma è Intelligenza che conosce e opera. Vide Cicerone,
Tusculanae disputationes, I, 25 e Platone, Timeo, 38 a
e 39 b. (Il corsivo è mio).
P.
647, Kant ha erroneamente ritenuto che il substrato del fenomeno sia
la cosa in sé, la quale invece non appartiene minimamente al
fenomeno, ma è solo soggetto, mai oggetto.
Dal
mio punto di vista, non capisco perché Schopenhauer, dopo avere
indicato nella volontà dell'individuo il suo essere in sé, passi a
una Volontà universale che si individua nel singolo, visto come
momentanea manifestazione. Io come soggetto individuale come posso
essere nello stesso tempo universale ? Come posso essere cosa in sé
individuale e cosa in sé universale ?
P.
648, critica la concezione di Kant della perfetta libertà umana
espressa nella Critica della ragion pratica, si tratta di mera
illusione.
P.
651, molto acutamente rimprovera a Kant di avere negato la presenza
della cosa in sé nei semplici fenomeni della natura anche animale,
tranne che nell'uomo. Si tratta infatti di una inconseguenza, se al
fenomeno è sotteso il noumeno, questo deve valere per tutti i
fenomeni.
Tanto
per esemplificare, il termine νοούμενον
è usato dagli stoici nel significato di “pensiero” (vedi Diogene
Laerzio, VII, 59). Quindi la terminologia che sia Kant che
Schopenhauer utilizzano non è molto chiara.
P.
654, accusa Kant di aver proseguito nella concezione della filosofia
scolastica dell'Ens realissimum e di aver dato inizio all'astrazione
epistemica propria dell'Idealismo.
P.
656, attacca la filosofia delle università, il cui intento è
chiaramente politico.
P.
659, riconosce a Kant il grande merito di avere considerato tutta la
realtà come semplice fenomeno. Kant ha aperto la via ad una nuova
visione del mondo (che è quella naturalmente di Schopenhauer).
P.
663, giustamente per quanto riguarda la morale, Rousseau attribuisce
più importanza alla coscienza che non alla ragione.
P.
664, cita Cicerone, De natura deorum,
III, c. 26-31, riguardo alla ragione come mezzo e strumento per tutti
i delitti.
P.
666, dotta dissertazione sul “nihil admirari” oraziano.
Schopenhauer mostra di possedere una raffinata cultura umanistica.
P.
668, fa dell'ironia sul concetto di ragione in Kant, “il sesto
senso delle nottole”.
P.
669-670, Kant non ha mai dato una definizione chiara ed esaustiva del
termine “ragione”.
P.
671, il concetto di dovere incondizionato di Kant è contraddittorio
e la sua concezione della virtù fine a se stessa è già in Platone.
P.
674, contesta l'impostazione teorica dell'etica di Kant basata su un
complicato formalismo che invece si può risolvere nel precetto “non
fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”. Ma questo è pur
sempre un precetto egoistico. L'imperativo categorico disinteressato
è una illusione.
P.
675, la massima della Critica della ragion pratica,
del dovere per il dovere, è assurda e pedantesca. Il fondamento di
un'azione a beneficio del prossimo non è il dovere per se stesso, ma
l'amore.
P.
676, impostazione tutto sommato errata della Critica della
ragion pratica, svolta tutta
sulla falsariga della Critica della ragion pura
e basata su concetti non dimostrati come dignità e felicità, la
quale ultima è erroneamente collegata al concetto di virtù.
P.
677, la dottrina del diritto di Kant viene definita “una parodia
satirica della maniera kantiana”, a sottolineare la sua intrinseca
debolezza.